L’esposizione propone un percorso articolato in diverse sezioni che, interamente dedicato alla Turchia, ripercorre alcuni degli avvenimenti più importanti e drammatici avvenuti nel Paese negli ultimi anni.
Fatti che hanno spesso catalizzato per giorni l’interesse dei media nazionali e internazionali, come gli scontri di piazza Taksim (Istanbul) del marzo del 2014 o il tragico crollo della miniera di carbone di Soma, una città sita nella provincia di Manisa, nell’ovest del Paese, avvenuta nel maggio dello stesso anno.
Un percorso espositivo che, scatto dopo scatto, reportage dopo reportage, assume perciò i contorni di un vero e proprio viaggio, capace di condurre i visitatori dal cuore del Paese fino ai suoi confini più lontani e tormentati.
È infatti lungo il confine turco-siriano che si è consumata, e continua a consumarsi, una delle più grandi tragedie degli ultimi decenni. E l’occhio del giovane fotoreporter turco era lì, per raccogliere una testimonianza da consegnare alla Storia.
Nel giugno del 2015, durante i giorni più caldi della battaglia tra curdi siriani e ISIS, Kiliç ha infatti documentato la fuga di migliaia di siriani dalla città di Tell Abyad, epicentro dei combattimenti. Molti di loro hanno cercato di entrare in Turchia tramite il passaggio di confine di Akçakale, una città della provincia di Şanlıurfa, ma le autorità turche avevano già chiuso il confine nel tentativo di arginare l’esodo.
I profughi siriani si sono così ritrovati tra due fuochi, letteralmente bloccati tra i due paesi. Ma il filo spinato non può nulla contro l’istinto di sopravvivenza.
«In meno di dieci minuti circa ventimila persone si erano ammassate lì. Ho fotografato questa tragedia per quattro ore — racconta Kiliç in un video presentato nell’ambito dell’ultima edizione del Visa pour l’Image —. Quasi ogni persona aveva con sé un bambino, gridavano e cercavano di passare attraverso il varco. L’apertura era così piccola che la gente si calpestava a vicenda per passarci attraverso, e i bambini venivano passati sopra il filo spinato. Spero di non vedere mai più niente del genere».
Testo a cura di Gruppo Fotografico Progetto Immagine
Fotografo turco, classe 1979, Bülent Kiliç inizia la sua carriera come giornalista per la stampa locale. Nel 2003 inizia a dedicarsi al fotogiornalismo e, due anni dopo, si unisce all’agenzia AFP come stringer.
Da quel momento realizza numerosi reportage, documentando fatti e avvenimenti in alcuni dei territori più caldi e difficili del pianeta.
E’ stato insignito di numerosi premi internazionali. Nel 2014 è proclamato Miglior Fotografo di News dell’Anno dalla rivista Time. Sempre nello stesso anno vince i seguenti premi: Bayeux-Calvados War Correspondents awards, North American Press Photographers Association competition e China International Press Photo contest.
Nel 2015, nell’ambito dell’ultima edizione del World Press Photo, si aggiudica sia il primo che il terzo premio nella categoria Spot News, grazie all’immagine della ragazza ferita durante gli scontri tra polizia e manifestanti avvenuti in piazza Taksim a Istanbul nel marzo 2014, e all’immagine di un attacco aereo contro gruppi di militanti dello Stato Islamico nella città Siriana di Kobane nell’ ottobre 2014.
Di recente, è stato inoltre insignito del Visa d’Or News — uno dei premi più prestigiosi promossi dal Visa pour l’Image di Perpignan, Francia — proprio grazie al reportage dedicato alla fuga dei profughi siriani attraverso la frontiera turca.