Sabato 8 ottobre 2016 ore 17.00 presso la Sala Granata della Biblioteca Laudense, via Solferino 72, Lodi.
La fotografa Quintina Valero presenta il reportage “Life after Chernobyl”
Nell’Aprile del 2015 ho deciso di intraprendere un viaggio in Ucrania per investigare sulle conseguenze del disastro nucleare di Chernobyl. Trent’anni dopo il disastro di Chernobyl migliaia di persone ancora vivono sotto una nube minacciosa. Radiazioni sono state intercettate in zone che non erano state precedentemente interessate, con devastanti ripercussioni per le persone e l’ambiente. Le radiazioni sono, e continuano ad essere, il loro nemico invisibile.
Nel primo viaggio, ho visitato i 30 km dell’area interdetta, compreso l’impianto della centrale e vari villaggi ancora abitati dalle persone. Ai fini della mia ricerca ho intervistato liquidatori, dottori che lavorano per il Centro Nazionale di Ricerca sui Tumori ONG che si occupano delle vittime di Chernobyl, scienziati che stanno studiando le mutazioni genetiche del DNA nelle piante e nelle persone e famiglie direttamente colpite dall’incidente.
Ho iniziato ad interessarmi sempre più alle aree sperdute, che sono tuttora contaminate dalle radiazioni, e alle famiglie che dopo essere state evacuate dalla zona negli anni novanta, hanno fatto ritorno alle loro terre. Nel Novembre del 2015 sono andata nel distretto di Narodichi, un’area pressoché dimenticata sia dal Governo che dalla sua popolazione. Con Pryvit, un tedesco che lavora per una ONG che si occupa di ospitare i bambini delle famiglie colpite dal disastro di Chernobyl a fare vacanze terapeutiche in Germania, abbiamo visitato 14 villaggi e 37 famiglie.
Queste foto ritraggono la vita nel distretto di Narodichi, 50 km a sud ovest della centrale di Chernobyl, una delle aree maggiormente colpite e localizzate solo 6 anni dopo l’esplosione. Quasi centomila persone furono colpite e di queste, ventimila erano bambini.
Ciò che un tempo era una zona prosperosa è diventata oggi una delle regioni più povere dell’Ucraina. Gli effetti delle radiazioni, unite al collasso dell’agricoltura basata sulle aziende agricole collettive causato dalla caduta dell’Unione Sovietica, hanno portato conseguenze tragiche per la popolazione e per le loro terre.
Nonostante la forzata evacuazione nel 1991, molte famiglie vivono tuttora nella città di Narodichi e nei villaggi vicini. Credevano nella loro terra e si rifiutarono di accettare delle radiazioni che erano meno tangibili rispetto al loro senso di appartenenza. Altri occuparono le case evacuate per fuggire dalla povertà e dalla guerra in corso nei paesi della ex-Unione Sovietica.
Alle famiglie fu detto di non mangiare i prodotti della terra, ma la povertà li lasciò senza nessun altra opzione se non quella di tornare all’agricoltura. Ciò ha portato come conseguenza malformazioni alla nascita, malattie cardiovascolari, effetti collaterali dovuti ad un debole sistema immunitario e l’aumento di vari tipi di cancro e mortalità infantile.
Nonostante le mutazioni del DNA siano state scientificamente provate nelle piante e negli uomini, gli effetti delle radiazioni non sono ancora certi. Gli abitanti del luogo si lamentano che le autorità non stanno facendo abbastanza per la sicurezza dell’ambiente, specialmente nei villaggi sperduti dove le persone hanno accesso limitato ad ospedali e personale medico. Molte di queste famiglie dipendono dagli aiuti internazionali per le cure mediche.
Queste foto sono una testimonianza della sopravvivenza di queste persone, della loro lotta per ricominciare una vita e creare un punto di svolta nella storia di Chernobyl.
Testo di Quintina Valero
Quintina Valero è una fotografa documentarista e fotogiornalista spagnola. Dopo una carriera in campo finanziario nel 2001 si trasferisce a Londra, dove studia fotogiornalismo presso il London College of Communication. Il suo lavoro come documentarista si focalizza sui diritti umani e le crisi umanitarie. Per molti anni ha documentato le vite nomadi dei beduini, di viaggiatori, dei gitani. La sua voglia di conoscere a fondo la loro identità e cultura l’ha portata nei Balcani, in Giordania, Francia, Spagna e Inghilterra, a documentare le loro tradizioni, festività e rituali. Dal 2014 si occupa della situazione dei migranti in Europa. Il suo ultimo lavoro, sul traffico sessuale è stato pubblicato dal Guardian.
Nel 2015 entra a far parte di Food of War, un collettivo di arti multidisciplinari che si dedica all’esplorazione della relazione che esiste fra il cibo e la guerra attraverso l’arte. Per il trentesimo anniversario del disastro di Chernobyl Quintina, insieme al collettivo, ha creato una mostra itinerante in Europa “Clouded Lands” (Terre nuvolose) per sensibilizzare riguardo alle conseguenze che l’incidente ha avuto sulle popolazioni e sull’ambiente. Il lavoro di Quintina è stato esposto a Londra, in Spagna, Germania e Ucraina.