Le foto che João Pina ha realizzato sulla malavita di Rio mi hanno colpito dalla prima volta in cui le ho viste.
Questa serie di ritratti straordinariamente intimi riesce a darci uno sguardo inflessibile sulle realtà parallele di Rio – la favela e l’asfalto – in tutta la loro umanità. È raro poter vedere così profondamente all’interno di favelas come quella di Morro do Dende: giovani gangster con le pistole condividono un momento spensierato giocando a football oppure in posa con le loro armi, in un momento di spavalderia, accanto al loro sacerdote personale – il pastore Sidney Aspino – che ha trasformato il suo aiuto spirituale in un vero business; vediamo il capo gangster, Fernandinho, famoso perché è solito decapitare la gente, in un momento di riposo, a casa, sul suo letto, con il suo tatuaggio di Gesù Cristo e la sua cyclette; vediamo donne svenire in pubblico, travolte da un’estasi religiosa dall’intensità quasi erotica indotta da un esorcismo, pratica prevista dalla loro religione.
E vediamo le conseguenze terribili di questo stile di vita: l’adrenalina e la paura dei poliziotti mentre si muovono attraverso un quartiere ostile quanto può esserlo l’Afghanistan dei talebani per le truppe statunitensi; vediamo patetici cumuli di cadaveri recuperati dai bordi della strada dove sono stati scaricati durante la notte.
Queste immagini, in bianco e nero, spesso notturni, sono un viaggio inquietante attraverso una realtà che è diventata permanente a Rio de Janeiro. Hanno un’impostazione classica che evoca un set cinematografico di Black Orpheus negli anni Cinquanta e offrono la prova inquietante dell’eterna lotta tra il bene e il male combattuta in mezzo alla povertà incessante, ma testimoniano anche una incredibile bellezza che resiste indomita nella “Città Meravigliosa”.
John Lee Anderson
João de Carvalho Pina è nato a Lisbona, in Portogallo, nel 1980 e ha iniziato a lavorare come fotografo all’età di diciotto anni. Dal 2003 è membro del collettivo portoghese Kameraphoto e si è laureato nel 2004/2005 in Fotogiornalismo e Archivi al Centro Internazionale di Fotografia di New York.
Dopo aver trascorso la maggior parte degli ultimi dieci anni di lavoro in America Latina, alcune vicissitudini lo hanno portato in paesi come Argentina, Brasile, Bolivia, Cile, Cuba e Paraguay.
Nel 2007 ha pubblicato il suo primo libro, Por teu livre pensamento, che raccoglie le storie di venticinque ex prigionieri politici portoghesi, lavoro realizzato con il suo collega e amico Rui Daniele Galizia, autore dei testi. Da questo libro ha tratto ispirazione una campagna pubblicitaria di Amnesty International, che ha ottenuto nel 2011 un “Lion d’Or” al Cannes Lions Festival Internazionale di Creatività. Tra gli altri premi, ha ricevuto nel 2010 una borsa di studio per l’Estação Imagem.
È stato finalista per il Premio “Henri Nannen”, Premio “Cura” e “Alexandra Boulat Grant”. Suoi lavori sono stati pubblicati sul New York Times, The New Yorker, Time Magazine, Newsweek, Stern, Geo, El País, EP, La Vanguardia Magazine, D Magazine, Io Donna, Giorni Giappone, Expresso e Visao. Ha esposto le sue opere a New York (ICP e Point of View Gallery), Londra (Ian Parry Award), Tokyo (Galleria Canon), Lisbona (KGaleria e Casa Fernando Pessoa), Oporto (Centro Português de Fotografia) e Perpignan (Visa pour l’Image).
Ha vissuto in Argentina, a Buenos Aires, dal 2007 al 2010, dove continua a documentare i resti di un’azione militare chiamata Operazione Condor, che negli anni Settanta, in Sud America, si proponeva di distruggere l’opposizione politica alle dittature militari.
Negli ultimi anni frequenta Parigi e, come osservatore privilegiato della “primavera araba”, viaggia più volte in Tunisia, Egitto e Libia, pur continuando la sua opera in America Latina.