La giuria riconosce all’autore la capacità di aver realizzato un affresco della società afgana nelle sue molteplici sfumature, raccontando la quotidianità di un paese che è riuscito a mantenere viva la propria cultura e un barlume di normalità nonostante un conflitto devastante. I 10 anni di guerra sono raccontati con una profondità di visione e una capacità di empatia che riescono a presentare la complessa realtà afgana nella sua contraddittorietà, che oscilla da una profonda disperazione a un’altrettanto profonda bellezza. Il lavoro supera quindi lo sviluppo classico del racconto reportagistico e diventa la storia per immagini di un’intera civiltà.
Life in WarVisita guidata della mostra con l’autore Domenica 26 Ottobre, ore 11.30 – Palazzo Barni, Corso Vittorio Emanuele II 17, Lodi. MAPPA
Nonostante abbia speso la mia intera vita professionale a viaggiare da una zona di conflitto all’altra, nell’ultimo anno ho concentrato l’attenzione sugli uomini e le donne le cui vite sono state distrutte dalla guerra in Afghanistan, un paese che visito da oltre un decennio. Lavorando per Getty Images, i cittadini afghani sono stati il mio principale oggetto di studio negli scorsi quattro anni, durante i quali ho visitato il loro paese diverse volte. Sono diventati ormai parte dei miei ricordi, sia positivi che negativi, così come la loro felicità e la loro tristezza. Nell’ ultimo secolo l’Afghanistan è stato coinvolto da numerose guerre e conflitti, dovuti alla sua politica interna, alla religione, o perchè altre potenze hanno cercato di conquistare questo territorio.
Dei resti di carri armati russi sono ancora presenti per le strade, sui versanti delle montagne e nelle valli. Dopo la guerra contro l’USSR, i comunisti hanno preso il potere nel paese. E’ stato durante questo periodo in cui i Musulmani più conservativi hanno iniziato ad organizzarsi per poi prendere potere. In seguito, questi sono diventati a loro volta un motivo di conflitto, stavolta durante la guerra civile tra Al Qaeda ed i civili. Dopo l’11 settembre, il mondo è venuto a sapere che cosa stesse succedendo in Afghanistan e ha compreso le dinamiche della guerra iniziata più di una volta. Ma questa volta gli afghani andavano incontro ad una nuova guerra, mentre le potenze straniere dovevano stare in guardia da Al Qaeda.
Abbiamo visto innumerevoli immagini sull’Afghanistan, in particolar modo immagini di soldati o cooperanti per tutto il paese, ma queste fotografie non rappresentano il vero Afghanistan per la mia esperienza. Essa può essere l’immagine di un semplice bambino che fissa l’obiettivo della mia macchina fotografica senza sorridere. Lavorando come fotogiornalista in Afghanistan, ci si dovrebbe fare l’abitudine a vedere questi volti. Io invece vorrei che il vero Afghanistan fosse il sorriso stampato sul viso di quegli stessi bambini mentre scattano fotografie con la mia macchina, o al contrario, vorrei che fosse l’immagine di donne che si danno fuoco, esprimendo la disperazione delle loro vite, o l’immagine di uomini, donne e bambini che hanno perso le loro braccia o le loro gambe a causa delle mine antiuomo…
Non ho mai scoperto quanto pesassero gli infausti e traumatici cambi di vita che colpiscono la vita di queste persone, in quanto sono sempre rimaste impassibili davanti all’obbiettivo. Ma sono davvero curioso di conoscere che cosa provi l’osservatore nel vedere i miei scatti. La questione fondamentale che mi ha tormentato in questi anni è la seguente: qual è il risultato di tutte queste guerre? Ogni volta che vedo un giovane bambino o una giovane bambina afghani per la strada, infelici, quando invece nei paesi europei lo sono, mi dico che la guerra non è l’unica cosa che succede in Afghanistan. E’ presente l’influenza della cultura persiana e mughal nell’architettura tradizionale afghana o nel modo di vestire. C’è un paradosso tra la tranquillità della cultura dell’Est e l’atrocità della guerra.
Mi chiedo che cosa pensino le persone che ho ritratto a proposito del punto di vista delle persone che vedono quelle stesse immagini, e del mondo da cui provengono. Immagina soltanto di essere nato in Afghanistan. Come guarderesti al mondo o gli altri paesi se l’unica espressione che tu hai conosciuto attraverso i tuoi occhi sono la forza militare e le armi?
Certe volte mi colpisce il fatto che abbiamo un misterioso e profondo legame. Nonostante non ci si veda, parliamo empaticamente, discutiamo delle crisi di una generazione, delle lacrime di bambini senza speranza, della violenza e del silenzio di una nazione. Nel corso dei solitari e difficili giorni della guerra, ho continuato a ripetere a me stesso di essere un fotogiornalista per le strade dell’Afghanistan, con il dovere di esplorare determinate realtà.
Sono andato in Afghanistan, rimanendoci per diversi anni, e raccogliendo un insieme di ricordi dal sapore dolce ed amaro. Condividendo la lingua, ho capito che potevo vivere a fianco degli afghani, comprendendoli, ridendo e piangendo insieme a loro.
Majid Saeedi è un fotografo documentaristico iraniano. Ha fotografato il Medio Oriente durante gli ultimi due decenni, focalizzandosi sull’aspetto umanitario. Attraverso le sue immagini Majid dedica particolare attenzione nel raccontare le questioni sociali e le ingiustizie legate alle storie non dette.
Majid è nato e cresciuto a Tehran. Ha iniziato il mestiere di fotografo all’età di sedici anni e, appena compiuti i diciotto, ha raggiunto i confini tra l’Iran e l’Iraq per scattare foto ai rifugiati. Attualmente Majid sta collaborando con Getty Images, con reportage sull’ Afghanistan e sull’Iran. Ha diretto sezioni di fotografia di varie agenzie in Iran e coordinato numerosi progetti importanti per più di quindici anni.
Una delle passioni di Majid riguarda la fotografia di strada e ritrarre scene di vita quotidiana dei cittadini. Quando non lavora, Majid si diverte ad insegnare fotografia agli studenti ed a consigliare i giovani fotografi.
Majid ha vinto numerosi illustri e prestigiosi premi di fotografia in tutto il mondo. E’ stato insignito del titolo di “Miglior fotografo iraniano” per otto volte. I suoi scatti sono stati pubblicati su testate internazionali quali Times, Spiegel, Life, New York Times, Washington Post, Washington Times, Time Magazine e su altrettante pubblicazioni e agenzie online nel Medio Oriente.
Majid ha viaggiato in molti paesi del Medio Oriente e fotografato le ingiustizie così come le atrocità. La sua storia più recente riguarda le immagini di abitanti afghani che convivono con una guerra che dura da decenni.
Riconoscimenti recentemente assegnati:
-2014 FotoEvidence Book Award -2014 Lucas Dolega Award -2013 World Press Photo (WPP) – 2013 National Press Photographers Association (NPPA) – 2013 China International Press Photo Contest (CHIPP) – 2013 RPS Wall Grant in Japan – 2012 R.F. Kennedy Award – 2011 Lucie Award – 2010 UNICEF Award – 2010 China International Press Photo Contest (CHIPP) – 2010 Henri Nannen Award – 2009 & 2005 POY Awards
Mostre
– PhotoMuseum Estonia , 2014 – Peace Foundation Special Review, Bolzano Italia, 2014 – Chartwood Art Gallery UK 2014 – 25th Anniversery of Visa Pour L’Image, Perpignan, Francia, 2013 – Reminder Photography Stronghold Wall Grant, Tokyo, Giappone, 2013 – Photo Report/ Age Festival Pmarico, Basilicata, Italia, 2013 – Noorderlicht Gallery, Groningen, Paesi Bassi, 2012 – New York, USA, 2011 Altre 30 mostre insieme ad altri fotografi
Sito internet: www.majidsaeedi.com