UNICEF Lebanon - The Factory Boy


 

Visita con l’autore sabato 22 ottobre 2016 alle ore 15:00 e domenica 23 ottobre 2016 alle ore 10:30 presso l’Archivio Storico, via Fissiraga 17, Lodi.

Mentre il conflitto in Siria prosegue, in Libano sono censiti più di un milione di profughi siriani. Oltre la metà sono bambini, molti dei quali non vanno a scuola e sono coinvolti nelle peggiori forme di sfruttamento minorile.

Per ottenere un permesso di soggiorno in Libano, valido per dodici mesi, un rifugiato siriano deve pagare 200 dollari, un prezzo che la maggior parte di loro non si può permettere.

Molti hanno paura di spostarsi liberamente: avrebbero seri problemi se fossero fermati dalla polizia libanese o dai militari senza essere in possesso dei documenti. I minori di 16 anni, non sono tenuti a mostrarli alle autorità locali, e quindi hanno una maggiore libertà di movimento. In Libano, i bambini sono spesso la principale o addirittura l’unica fonte di sostentamento per le loro famiglie.

La situazione sta diventando sempre più disperata. Il numero di bambini e adolescenti che portano il peso e la responsabilità di dover mantenere le famiglie – a un’età troppo giovane – è in aumento.

Nel settembre 2013 il governo del Libano ha adottato un piano d’azione nazionale per eliminare le forme di lavoro minorile più gravi entro il 2016. Tuttavia, anche se il piano soddisfa le esigenze di tutti i bambini in Libano, senza discriminazioni, esso è insufficiente, a causa della vastità del problema e per il deterioramento della situazione. L’UNICEF denuncia che un numero crescente di bambini lavora duramente per lunghe ore e per pochi dollari, spesso in condizioni precarie, e questo li espone alla violenza, allo sfruttamento e all’abuso, privandoli di un’istruzione. Per combattere questa tendenza, l’UNICEF e l’OIL, insieme a ONG locali, hanno sviluppato un programma comune per assistere 20.000 ragazzi libanesi e siriani di età inferiore ai 16 anni coinvolti nelle peggiori forme di lavoro minorile. Nel mese di marzo 2016, l’UNICEF ha collaborato con la fotografa Laura Aggio Caldon, per documentare la vita dei bambini rifugiati, privati di un’infanzia e costretti a guadagnare da vivere per mantenere se stessi e le loro famiglie.

Testo di Laura Aggio Caldon e Unicef

 

 

Laura Aggio Caldon

Copia di ritratto CaldonLaura Aggio Caldon, nata nel 1983, è una fotografa freelance italiana, che vive a Roma. Dopo aver studiato presso la Facoltà di Psicologia delle Comunicazioni, ha conseguito il master in fotogiornalismo presso ISFCI (Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata) di Roma, dove si è laureata nel 2013.

Il suo lavoro documentario si concentra su questioni sociali, umanitarie e geopolitiche. Il suo progetto sul matrimonio precoce nei campi profughi siriani è stato selezionato per il Sony World Photography Award nel 2016 ed è stato presentato alla Somerset House di Londra. I suoi reportages sono apparsi, tra gli altri, su media quali CNN, Vice magazine, Al Jazeera, Daily Mail, Internazionale, Vanity Fair, Der Spiegel e Huffington Post. Laura è al momento rappresentata dall’agenzia Phovea photo Agency.

Link: www.lauraggio.com

 

Copia di UNICEF_logo_blackL’UNICEF è una delle principali agenzie umanitarie e per lo sviluppo che lavora nel mondo per garantire i diritti di ogni bambino. I diritti dei bambini consistono in un rifugio sicuro, accesso al cibo, protezione da disastri e conflitti e devono essere garantiti nel corso della vita: dalle cure prenatali per un parto sicuro, sino all’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, all’assistenza medica e all’istruzione.  

Lavora da quasi 70 anni per migliorare la vita dei bambini e delle loro famiglie. Seguire i bambini fino alla fine della loro adolescenza e nell’età adulta richiede una presenza globale con l’obiettivo di produrre risultati e monitorare i loro effetti.  

L’UNICEF collabora con leader, intellettuali e policy-makers per aiutare tutti i bambini – soprattutto i più svantaggiati – a realizzare i loro diritti.

Link: www.unicef.org